La spada di Cristo, ovvero Brandano. Sarà il prossimo beato?

Ha voluto chiamarsi Brandano, Bartolomeo Garosi, alludendo alla grande spada (brando), paragonandola alla parola datagli da Dio “per riprendere i ladroni e i peccatori di tutte le specie”. Nato nel 1486 a Petroio (dove una piccola statua in terracotta lo ricorda), trascorre una dissoluta giovinezza. Un incidente lo trasforma in Brandano: un personaggi scomodo, protagonista di predicazioni nel borgo natìo e poi a Montefollonico. Lasciata la famiglia, vive da eremita e di elemosine a Siena, dove tiene appassionati sermoni durante i quali, in abito bianco senza cappuccio, attacca i potenti, invita alla penitenza e annuncia imminenti sciagure. i suoi modi suscitano rispetto , venerazione, ama che reazioni violente e derisorie. In ogni caso, a Siena viene protetto per l’assistenza prestata ad ammalati e mendicanti. dopo avventurosi viaggi in giro per l’Italia, ma anche in Francia e Spagna, si trasferisce a Roma. Papa Clemente VII arrivò a imprigionarlo più volte, e la leggenda dice che lo fece addirittura incatenare e gettare nel Tevere. Brandano ne sarebbe riemerso miracolosamente vivo, e questo episodio non fece che aumentare la sua venerazione da parte di alcuni e la rabbia da parte di coloro che lo avversavano.

Tornato a Siena, le mutate condizioni politiche gli consentirono di diventare un’icona della predicazione religiosa. Manco a dirlo, le sue profezie di sciagura e le sue ramanzine fecero infuriare gli spagnoli, che nel 1548 esercitavano un dominio indiretto su Siena; dapprima venne mandato in esilio per undici giorni, poi, dopo che ebbe preso a sassate un soldato spagnolo per protesta contro la costruzione della Fortezza, venne cacciato definitivamente a Piombino. Brandano tornò a Siena nel 1552, quando la città si liberò dal controllo degli spagnoli, e contribuì a difendere la Repubblica dall’attacco dei Medici, aiutando i poveri, i malati e gli affamati. Morì nel 1554, all’età di 68 anni, poco prima della caduta della Repubblica senese. La venerazione da parte del popolo era così diffusa da far dimenticare i modi eccentrici; gli atteggiamenti violenti con cui inveiva contro le autorità politiche e religiose avevano rafforzato la sua fama, sia a Roma che a Siena. A Radicofani era stato chiamato “Il Pazzo di Cristo”. Dopo la morte il suo corpo venne esposto per tre giorni nella chiesa di San Martino; dei suoi resti si sono però perse le tracce. Nel 1612 l’Arcivescovo di Siena promulgò un editto in cui invitava la popolazione a venerarlo come Beato, ma la Chiesa non ha però portato avanti il processo di beatificazione. Eppure le sue profezie di sventura, puntualmente avveratesi, gli valsero non soltanto la venerazione, ma anche la sopravvivenza di detti popolari tramandati dal XVI secolo in poi. Sono molte le storie popolari e le espressioni che vengono attribuite al “beato” o al “poro” Brandano, tra cui si fatica a distinguere la sua attività da predicatore da ciò che il folclore locale ha attribuito alla sua figura in fase successiva.