Nel mistero di un nome, una storia

Tra boschi, vigneti e oliveti della campagna toscana, a 462 metri di altezza, sorge Trequanda. L’etimologia del nome, curioso e stravagante, può essere solo supposta: forse è da ricercarsi nel mitico eroe etrusco Tarkonte; il toponimo ricorda in effetti “Tarquinia” nome che, secondo un’originale ricerca avrebbe avuto la colonia che sorgeva sui monti trequandini, in piazza di Siena: Sena Iulia Tarquinia. E di certo i primi abitanti del luogo furono gli etruschi che ci hanno lasciato memoria nei reperti e nei toponimi. Ma sul nome “Trequanda” le ipotesi si susseguono: si potrebbe giocare con il latino e supporre una derivazione da Terram Quandam, una “certa” terra, una terra particolare, isolata; o da tregua, ipotesi questa non suffragata da documenti di tregue fatte tra eserciti, ma plausibile. C’è poi la possibilità che nel nome riecheggi il numero tre: tre erano le porte di acceso al paese, da cui “tre guarda”;  tre sono i calici dello stemma comunale, però troppo recente e quindi forse derivato dal nome stesso. Più certe sono le travagliate vicende storiche. Dopo la conquista romana dell’Etruria, si succedono Longobardi e Franchi. Il castello di Trequanda, governato prima del 1000 dai Cacciaconti della Berardenga, dopo il 1200 fu feudo dei Cacciaconti della Scialenga, famiglia ricca e potente di origine franca. Da documenti del XIII secolo risulta chiara l’ingerenza della Repubblica di Siena: nel 1271 il podestà di  punì gli abitanti di Trequanda che avevano ostacolato il lavoro di un giudice. Nei privilegi e concessioni degli imperatori Ottone IV e Federico II ritorna il nome dei Cacciaconti. Nella guerra tra Siena e Arezzo Trequanda si schierò con quest’ultima, dichiarandosi quindi anche contro Siena, alleata dei fiorentini e, dopo la battaglia di Campaldino (1289), il governo senese minacciò di radere al suolo il castello ribelle. Ceduto dai Cacciaconti ai Franzesi di Staggia nel 1309 per 18000 lire, passò definitivamente sotto la Balzana senese. Nel 1552 entrò a far parte del Granducato di Toscana. Nel 1774 è aggregata alla podesteria d’Asciano con Petroio e Montisi; Castelmuzio fu unito alla comunità nel 1833.